Valore canonico del divorzio ortodosso

 

Nota explicativa quoad pondus canonicum divortii orthodoxi  

Communicationes 44 (2012), 357-359

 

            Più volte a questo Dicastero è pervenuta la questione se, nel caso in cui un fedele ortodosso a cui la propria Autorità ecclesiastica avesse concesso il divorzio volesse risposarsi con un fedele cattolico e la nullità di quel suo precedente matrimonio fosse anche evidente, occorresse un processo matrimoniale per dichiarare la nullità di tale matrimonio o bastasse, per esempio, una dichiarazione del Vescovo mediante decreto amministrativo, attestando detta nullità.

Atteso che simili situazioni si devono affrontare nell’intera Chiesa cattolica e tenendo conto delle indicazioni date al riguardo da altri Dicasteri, in particolare della Declaratio del 20 ottobre 2006 del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, è parso utile presentare complessivamente alcune indicazioni per la corretta applicazione di quanto dispongono nella materia summenzionata sia il CIC che il CCEO.

1. Innanzitutto, occorre tener presente che sono poche le Chiese orientali non cattoliche ad avere norme che prevedono la nullità del matrimonio; la maggioranza di loro, invece, hanno una disciplina non conciliabile con la dottrina della Chiesa cattolica sull’indissolubilità del matrimonio.[1] Infatti, in esse si scioglie il vincolo matrimoniale per oikonomia, con una sentenza o un atto amministrativo.

2. Secondo la dottrina cattolica i matrimoni misti sono retti dal diritto divino e da quello canonico. Perciò le cause attinenti ad essi competono per diritto proprio alla Chiesa o al giudice ecclesiastico (cf. cann. 1059, 1671 CIC e 780 § 1, 1357 CCEO; l’Istr. Dignitas connubii, artt. 2, 3 §§ 1 e  2, 4 § 1).

3. Nell’ipotesi di un ortodosso divorziato che vuole sposare un cattolico, affinché possano contrarre un valido matrimonio, si esige che la parte ortodossa ottenga dai tribunali ecclesiastici cattolici la dichiarazione di nullità del matrimonio precedente,[2] anche qualora la sua nullità sembrasse certa. In tale senso, per i singoli casi sono previste nei due Codici una delle due possibili procedure:

a)     per dichiarare la nullità del matrimonio, come norma generale, si deve avviare il processo contenzioso-ordinario (cf. cann. 1501-1655, 1690, 1691 CIC e 1185-1342, 1375, 1376 CCEO);

b)     se poi da un documento scritto risultasse con certezza l’esistenza di un impedimento dirimente o un difetto di forma canonica del matrimonio, si potrebbe procedere con il processo documentale (cf. cann. 1686-1688 CIC e 1372-1374 CCEO). Si noti, però, che i cann. 1686 CIC e 1372 § 1 CCEO non prevedono l’ipotesi che un vizio di consenso possa risultare da un documento, perciò in tali casi occorrerà seguire il processo contenzioso-ordinario per dichiarare la nullità matrimoniale.

4. Se emerge che, nel contrarre il matrimonio, i due ortodossi non abbiano osservato la forma canonica prescritta dal loro diritto, è sufficiente dimostrare nell’istruttoria prematrimoniale il loro stato libero (cf. cann. 784, 1372 § 2 CCEO e l’Istr. Dignitas connubii, art. 5 § 3). Se, invece, c’è qualche dubbio sulla loro impossibilità a accedere al sacerdote senza grave incomodo,[3] allora si dovrà procedere nel modo indicato al n° 3.

5. Se, poi, risulta che il loro matrimonio non sia stato mai consumato, si devono osservare le norme sul processo del matrimonio rato e non consumato,[4] per il quale è competente il Tribunale della Rota Romana[5] e la relativa dispensa viene concessa dal Romano Pontefice.

6. Il caso di un ortodosso che ha ricevuto dall’autorità della propria Chiesa una vera e propria dichiarazione di nullità del matrimonio e vuole sposare un cattolico, richiede un approccio differente. Affinché tali dichiarazioni siano riconosciute dalla Chiesa cattolica, occorre che siano accertate mediante una procedura giudiziaria canonica per assicurare che il diritto divino non sia stato leso (cf. can. 781, 1° CCEO e l’Istr. Dignitas connubii, art. 4 § 1, 1°). In tale senso, secondo le norme dei due Codici, ci sono due possibili modi di procedere:

a)     il Tribunale di appello cattolico, dopo aver considerato la questione nella prospettiva appena indicata, deve decidere se sia sufficiente confermare con decreto la sentenza emanata dall’autorità ortodossa o, se necessario, ammettere la causa all’esame ordinario del secondo grado di giudizio (cf. cann. 1682 § 2 CIC e 1368 § 2 CCEO);

b)     il giudice di secondo grado di giudizio, nel processo documentale, deve decidere se confermare la sentenza o rimandare la causa alla procedura ordinaria, cioè al tribunale di primo grado (cf. cann. 1688 CIC e 1374 CCEO).

Ad ogni modo, se, anziché di una dichiarazione di nullità, si trattasse di un mero atto di divorzio emanato dall’autorità ortodossa, si dovrà procedere nel modo indicato al n° 3.

 

Città del Vaticano, 20 dicembre 2012

 

+ Francesco Card. Coccopalmerio, Presidente

 

+ Juan Ignacio Arrieta, Segretario

 


[1] Cf. Cost. Gaudium et spes, n. 48; Pius PP. XI, Enc. Casti connubii, 31 dec. 1930, nn. 546-556; Paulus PP. VI, Enc. Humanae vitae, 25 iul. 1968, n. 25; CCC nn. 1610, 1611, 1615, 1640, 1641, 1644, 1647, 1649, 2364, 2382; cann. 1056, 1085 § 1 CIC e 776 § 3, 802 § 1 CCEO.

[2] Cf. Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Declaratio, 20 oct. 2006, in Communicationes 39 (2007), 66-67; cann. 1085 § 2, 1684 CIC e 780, 781, 802 § 2, 1370 CCEO; l’Istr. Dignitas connubii, artt. 2 e 4 § 1.

[3] Cf. Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Responsum, 3 gennaio 2007, in Periodica 97 (2008), 45-46.

[4] Cf. cann. 1681, 1697-1706 CIC, 1384 CCEO; Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, Lett. 20 dic. 1986, De processu super matrimonio rato et non consumato, in Communicationes 20 (1988), 78-84.

[5] Cf. Benedictus PP. XVI, m.p. Quaerit semper, 30 aug. 2011 (AAS 103 [2011], 569-571).